L’anniversario della liberazione d’Italia, noto anche come festa della Liberazione (o semplicemente il 25 aprile), è un giorno fondamentale per la storia d’Italia, come simbolo della lotta condotta dai partigiani e dall’esercito a partire dall’8 settembre 1943 (giorno in cui gli Italiani seppero dell’armistizio di Cassibile, appena firmato con gli Alleati).
Nel pomeriggio del 20 aprile 1945 gli italiani della “Friuli” si attestarono sull’Idice, ultima difesa di Bologna.
Su tutto il fronte la difesa dei tedeschi era disperata ma ancora determinata, ma nonostante ciò la mattina del 21 aprile il I Battaglione della 87ª “Friuli” entrò in Bologna avanzando lungo la via Emilia (SS 9), con in testa il Comandante di reggimento Arturo Scattini, insieme alla 3ª Divisione dei Carpazi (II Corpo polacco), seguita dopo un paio d’ore dal II Corpo americano che entrò da sud.
Il IV Corpo americano continuò la sua avanzata verso nord e raggiunse il Po a San Benedetto Po il 22 aprile.
Il fiume fu attraversato il giorno seguente e l’avanzata proseguì a nord verso Verona che fu liberata il 26 aprile.
Alla destra della V Armata (sulla sinistra dell’VIII Armata britannica) il XIII Corpo britannico passò il Po presso Ficarolo il 22 aprile.
Il V Corpo britannico attraversò il Po il 25 aprile dirigendosi speditamente verso l’ultima linea di resistenza tedesca (Linea Veneziana) costruita lungo l’Adige.
Le truppe tedesche stavano ripiegando ovunque: appena le forze Alleate cominciarono a premere e ad attraversare il Po, il contingente brasiliano e la 34ª Divisione di fanteria con la 1ª Divisione corazzata del IV Corpo, posizionati sull’ala sinistra dello schieramento, si catapultarono verso ovest lungo la SS 9 (via Emilia); attraversarono Piacenza ed il Po per tagliare la via di fuga alle truppe tedesche attraverso la pianura padana verso la Svizzera e l’Austria attraverso il Lago di Garda ed il Passo del Brennero.
Il 27 aprile la 1ª Divisione corazzata entrò a Milano, liberata dai partigiani il 25 aprile. Il comandante del IV Corpo, Crittenberge, entrò nella città il 30 aprile.
Il 28 aprile a sud di Milano il contingente brasiliano imbottigliò il 148º Grenadier (granatieri) tedesco e un’intera divisione di bersaglieri italiani, la 1ª Divisione Bersaglieri Italia, catturando un totale di 13 500 prigionieri nella battaglia della Sacca di Fornovo.
Sull’estrema destra dello schieramento alleato il V Corpo britannico, incontrando minori resistenze, attraversò la simbolica Linea Veneziana, e nelle prime ore del 29 aprile entrò a Padova dove i partigiani avevano già catturato una guarnigione tedesca di 5 000 militari.
Con l’approssimarsi della fine delle ostilità, militari e partigiani si adoperarono per salvare quanto possibile delle fabbriche ed infrastrutture italiane dalla distruzione.
Gli NP (Nuotatori – Paracadutisti, incursori della Marina) furono il primo reparto alleato ad entrare in Venezia il 30 aprile 1945, dove si trovavano alcuni reparti tedeschi che non avevano ottemperato all’ordine di resa.
Alle ore 17 del 27 aprile, in seguito a un’offensiva di reparti partigiani iniziata il 22, gli NP sbarcavano sull’isola di Bacucco (oggi chiamata Isolaverde), che si trova alla foce del Po di Goro e divide la sacca dello stesso dal mare.
Preso contatto con un gruppo di tedeschi, gli NP li impegnano in combattimento catturandone 14, dopodiché i tedeschi si diedero alla fuga.
Lasciati i prigionieri sotto sorveglianza, il gruppo comandato dal sottotenente Garrone inseguì i fuggiaschi e ne catturò 12 unitamente ad un barcone a motore, armi, una tonnellata di viveri e 5 cavalli.
Il giorno dopo agli avamposti degli incursori si presentarono degli ucraini arruolati dai tedeschi per trattare la resa del loro reparto nelle mani di una formazione regolare e non di partigiani.
Accettata la resa, con la condizione che i prigionieri non sarebbero stati restituiti ai russi, alle ore 8:00 del 28 aprile gli incursori sbarcano a Chioggia acclamati dalla popolazione; il 30 il reparto arriva a Venezia.
Una delle ultime operazioni compiute dalle forze italiane fu l’operazione Herring, un lancio di 226 paracadutisti italiani, appartenenti alle divisioni Folgore e Nembo, nata dal 183º Reggimento paracadutisti “Nembo”.
Le squadre erano composte da metà della squadrone “Frecce” (Frecce Squadron) e metà della Nembo e 1 sergente guastatore britannico in piccoli gruppi di 6-8 uomini, (eccezionalmente 12-16) in un’area compresa tra Ferrara, Mirandola, Poggio Rusco, Modena ed il fiume Po, allo scopo di infiltrarsi tra le linee tedesche, sabotare telefoni, ponti, depositi di munizioni ed altri obiettivi sensibili, per causare il caos assieme a reparti di partigiani.
L’azione, che fu l’ultima operazione di aviolancio compiuta durante la seconda guerra mondiale, avrebbe dovuto durare 36 ore, a partire dalla notte del 19 aprile; invece nelle notti del 20-21-22 e 23 aprile 1945 vennero effettuate varie azioni di guerriglia e sabotaggio alle spalle dell’esercito tedesco fortificato nella linea Gotica.
Quella che doveva essere guerriglia si trasformò invece in una dura battaglia che portò alla conquista di 3 ponti, alla distruzione di una polveriera, 44 automezzi blindati, corazzati o protetti, al taglio di 77 linee telefoniche, con in aggiunta (assieme ai partigiani) l’uccisione di 481 tedeschi ed alcuni elementi della milizia, e la cattura di almeno 1083 prigionieri, che vennero consegnati alla 6ª divisione corazzata britannica.
Le perdite italiane (esclusi i partigiani) furono di 30 morti, e 12 feriti (più un morto britannico).
Le truppe italiane furono quindi raggiunte da reparti alleati (e ulteriori formazioni partigiane) favorendo il forzamento del Po; a parte il supporto di poche decine di partigiani avevano dovuto combattere da soli fino alla tarda serata del 20 aprile in condizioni di nettissima inferiorità numerica.
Tra gli italiani rimase vittima dello scontro il sottotenente Franco Bagna, il cui coraggio gli valse dopo la morte una medaglia d’oro al valor militare.
Nell’ambito di questa guerra vi furono anche episodi di scontri tra italiani, che si protrassero anche dopo la resa di Caserta delle forze dell’Asse in Italia che entrò effettivamente in vigore il 2 maggio 1945.
Tra questi, l’Eccidio di Porzûs, che evidenziò i contrasti (comunque limitati se paragonati al numero di uomini impegnati) tra le forze partigiane, riflesso delle diverse visioni politiche dei partiti facenti parte del CLN.
Dopo questo fatto, i superstiti della Brigata Osoppo non consegnarono tutte le armi al momento della Liberazione, gettando le basi di un’organizzazione segreta, detta Organizzazione O dal nome del suo comandante, il colonnello Luigi Olivieri, con finalità anticomuniste, che durerà fino al 1956 per confluire poi nell’organizzazione Gladio
.La liberazione del Paese ebbe un costo elevato di vittime militari e civili, quantificabili in oltre 200 000 morti italiani.
Le stime maggiormente condivise dagli storici indicano un numero di caduti di circa 40 000 partigiani e circa 3000 militari dell’esercito cobelligerante impegnato nella Campagna d’Italia, a cui si aggiungono i caduti nei combattimenti che immediatamente seguirono l’armistizio, i militari italiani caduti come partigiani nei Balcani, i militari morti come prigionieri dei tedeschi, i civili uccisi nelle rappresaglie nazifasciste, i deportati nei lager, le vittime dei bombardamenti anglo-americani e gli aderenti alla RSI morti in azione o fucilati nell’aprile ’45 (fra i 12 e i 15 000).
A testimonianza del sacrificio vennero conferite molte onorificenze da diverse istituzioni: oltre alle numerose medaglie al valor militare conferite a soldati, partigiani e intere città (ad esempio Marzabotto) dalle autorità civili e militari italiane, anche gli Alleati crearono il Certificato al Patriota per i partigiani ed un Certificate of merit per i militari delle forze Armate Cobelligeranti; agli internati nei campi di prigionia venne dedicata una Medaglia d’onore dal governo italiano.
Lo sforzo bellico in territorio italiano costò agli Alleati più di 120 000 caduti (fra morti in battaglia, dispersi e feriti in seguito deceduti) mentre i soldati tedeschi uccisi in Italia furono circa 260 000.