Nessuno potrà mai raccontare tutta la storia del “Battaglione Cervino”, due volte formato e due volte distrutto nell’ultima guerra.
L’80% di questi Alpini è sottoterra in Albania e in Russia: e ognuno custodisce un segreto che non ha fatto in tempo a raccontare e che non ha testimoni perché gran parte degli Alpini morirono da soli.
Il suo nome è diventato una leggenda di cui parlano i vecchi marescialli nelle caserme: erano tutti campioni di sci e di roccia, dal primo all’ultimo, compresi il medico e il cappellano; erano volontari e tutti scapoli, condizione prima per essere accettati; e ciascun Alpino, raccontano i vecchi marescialli con gran stupore, aveva due paia di scarpe in Vibram per sé.
Il Battaglione Alpini Sciatori “Monte Cervino” articolato in due compagnie sciatori e una armi di accompagnamento era schierato a difesa della città di Rossosch , sede del comando Corpo d’Armata Alpino.
Il 15 gennaio una ventina di carri armati sovietici riuscirono a penetrare nella città ma furono quasi tutti distrutti dagli Alpini , i sovietici subirono la perdita di dodici carri.
Il 16 gennaio e i giorni seguenti nella difesa del comando Corpo d’Armata Alpino, il “Monte Cervino”, completamente circondato ed esaurito il munizionamento, contrattaccò con bottiglie Molotov e all’arma bianca.
Gruppi sparsi di Alpini continuarono a combattere cadendo o venendo fatti prigionieri quasi tutti.
Il battaglione fu definitivamente annientato
Di quelli presi prigionieri solamente quindici ritornarono dai campi di prigionia.
22 gennaio 1943. 75 uomini, quelli che restano del “Cervino”, ingaggiano l’ultimo combattimento, sparando con tutto quello che gli rimane.
Per l’ennesima volta la tenaglia nemica si chiude su di loro e per l’ennesima volta qualcuno grida il motto del battaglione: “Pistaa!”.
Il cerchio è ancora rotto; i resti del “Cervino”, col triangoletto di stoffa verde che è l’insegna del battaglione, escono armati dalla sacca e si mettono in salvo a Karkhov.
Il Monte Cervino in Russia aveva perso 105 uomini e sgombrato 230 feriti prima della ritirata. 120 furono quelli fatti prigionieri e di loro solo 16 sono ritornati.
Sui 17 treni che tornarono dalla Russia il Monte Cervino occupava un carro. Il 90% degli ufficiali sono morti sul campo; il cappellano Don Casagrande è morto di fame, Reginato ha cominciato la sua peregrinazione tra i campi di prigionia.